6 giugno 2011
La banalità dietro gli infortuni
Regole autogene: quando l’esperienza ci dice cosa fare
Quasi tutte le azioni che compiamo ogni giorno derivano dall’applicazione di regole o sono dettate dall’esperienza.
In genere le regole che ci costruiamo, se non derivano da assiomi o dogmi, sono anch’esse generate dall’esperienza. Per esempio, se in passato il vostro corpo si è trasformato nella cattedrale giubilare della dissenteria dopo una pantagruelica abbuffata di fichi rossi e succosi, probabilmente dentro di voi sarà possibile trovare traccia della generica regola che afferma che è opportuno fermarsi dopo aver ingerito solo un chilo di fichi.
Ovviamente anche esperienze positive possono generare regole, anzi, generalmente, tendiamo a ripetere con estrema facilità le esperienze che hanno avuto un felice esito.
Chiamerò queste regole, generate da esperienze vissute, siano esse positive che negative,“autogene”.
Prima banalità: noi impariamo dall’esperienza e sulla base di questa costruiamo delle regole (autogene) che perfezioniamo con l’esperienza stessa. Le regole autogene sono molto forti, nonostante nessuno ce le imponga. Questo non significa che siano buone: posso aver generato anche una cattiva regola dall’esperienza, ma ancora essa non ha fallito.
Regole esogene: quando gli altri ci dicono cosa fare
Non tutte le regole che osserviamo sono però dettate dall’esperienza. Una buona parte di esse arrivano dall’esterno e sono essenzialmente riservate ai casi in cui l’esperienza che si vivrebbe non applicando la regola, potrebbe essere estremamente negativa (per sé stessi o per gli altri).
Per esempio, ancora oggi io ho il sacro terrore di farmi il bagno subito dopo aver mangiato perché i miei genitori mi dicevano che era pericoloso. Seguire la regola mi ha insegnato che, aspettando un paio d’ore, non corro rischi ed, infatti, posso affermare con ragionevole certezza di non essere mai morto.
È altamente probabile che giungerò al termine della mia lunga esistenza (il mio obiettivo è di arrivare almeno fino al 2040, quando apriranno i dossier e potrò sapere chi ha ucciso JFK) senza aver mai avuto l’evidenza empirica della bontà del consiglio dei miei genitori (…ok, ho guardato su google e in effetti hanno ragione, ma quando ero piccolo pensavo che fosse un modo per costringermi a non stare sempre a mollo come una foca leopardo).
Attenzione: in questi casi la regola in realtà non genera un’esperienza, ma una non esperienza.
Sia chiaro: non è che l’esperienza sia sempre necessaria per decidere se compiere o meno un’azione… Non ho bisogno di andare a sfrittellarmi contro la macchina che mi precede per sapere quanto sia importante tenere una distanza di sicurezza. Tuttavia bisogna ammettere che quando non c’è l’esperienza, la scelta se seguire o meno una regola è meno tassativa (vedi l’esempio della distanza di sicurezza, che non mi risulta sia esattamente l’aspetto al quale gli automobilisti fanno più attenzione, nonostante le conseguenze che si rischiano di correre).
Queste regole che provengono dall’esterno e non dalla diretta esperienza, le chiamerò “esogene”.
Seconda banalità: le non esperienze non originano un bel nulla. Anzi, mentre rivolgiamo la massima attenzione al rispetto delle regole autogene, ci sentiamo liberi di discutere l’applicazione o meno delle regole esogene. Ne facciamo essenzialmente una questione di costi/benefici.
Regole endogene: quando decidiamo noi cosa fare
Le regole vigenti nei luoghi di lavoro sono esogene… il perché è presto detto: servono a tutelare le persone da gravi rischi per la loro incolumità e non ci può essere spazio per l’esperienza di un infortunio. Tutti le giudichiamo di buon senso e condivisibili (d’accordo, non tutte, ma la maggior parte sì) e magari siamo anche pronti ad ammettere che molte di queste le applicheremmo comunque, anche se non ci fosse la legge. Ma restano comunque esogene.
Partendo da queste, spesso ci costruiamo le “nostre” regole che in questo caso chiamerò “endogene” perché non sono autogene (in quanto non generate dall’esperienza), ma nemmeno esogene (pur essendo una derivazione di queste) perché le ho modificate in base al seguente ragionamento: sulla base della mia esperienza ritengo che lavorando così non mi farò male.
È il caso del lavoratore che non indossa i DPI perché sono scomodi e comunque non fondamentali o del datore di lavoro che non fa i controlli sull’impianto elettrico perchè è a norma.
Il fatto stesso che non succeda l’infortunio applicando la regola endogena ne conferma la bontà e più passa il tempo senza che l’infortunio accada, più le conferme aumentano.
Tuttavia, non tutti gli infortuni si verificano al primo colpo, per cui potrei essermi creato una regola che considero giusta fino a quando un evento, finora mai manifestatosi, non dimostra l’erroneità della regola.
Ma sulla base di quale esperienza abbiamo creato la regola endogena? Nessuna, perché non avevamo mai subito quell’infortunio nel momento in cui abbiamo creato la regola. In realtà abbiamo generato una regola sulla base di una non esperienza.
E guarda caso i rischi più gravi sono anche quelli meno percepibili. Sono quelli di cui le persone non hanno alcuna esperienza: atmosfere esplosive, elettricità, spazi confinati, agenti chimici, ecc. per i quali le nostre regole, costruite sulla base della non esperienza, valgono ben poco perché si tratta di fenomeni governati da leggi chimiche, fisiche o biologiche estremamente complesse, in cui solo la conoscenza può garantire la sicurezza.
Il problema è che noi siamo molto attenti nei confronti di ciò che pensiamo di conoscere, mentre non poniamo la stessa attenzione nei confronti di ciò che non conosciamo, anzi nel caso delle regole endogene, più passa il tempo, più ci convinciamo che esse sono corrette.
Terza banalità: l’infortunio non è voluto dalle persone che lo subiscono ed accade nonostante questo.
La truffa della percezione
L’ultimo aspetto di una banalità sorprendente è che noi approfondiamo fino alla nausea lo studio di ciò che conosciamo, ma al contempo diminuisce la nostra percezione di ciò che ci sfugge.
In pratica percepiamo la non esperienza come se fosse un’esperienza (se non mi è mai capitato vuol dire che va tutto bene), solo che, mentre quest’ultima ha dei contorni ben definiti, almeno in base a ciò che siamo stati capaci di percepire, la non esperienza non ha confini, non ha limiti.
Pretendiamo quindi di percepire l’infinito, un errore di valutazione che in alcuni casi può avere effetti catastrofici.
Quarta banalità: un infortunio, prima che accada, è una non esperienza.
Scritto il 6-6-2011 alle ore 16:11
grande andrè, sostituirei solo l’abbuffata di fichi con cozze crude acquistate da “peppe o’ vibrione”
in più… aggiungerei che non c’è confronto più perdente di un tentativo di vincere la “resistenza endogena al cambiamento” di un muratore in quota autonomo sessantenne autosollevante autoportante ”
grazie ancora dalla calabria ulteriore
Scritto il 6-6-2011 alle ore 21:34
In attesa di una indigestione di pitta con Morseddù vorrei dire che quindi scrivere un documento dove sono individuati tutti i rischi con le relative misure di prevenzione e protezione è essenzialmente scrivere poi tutte le regole esogene possibili e prevedibili perdendo di vista le cose essenziali, ma se non abbiamo previsto “tutto” allora siamo responsabili…
Dico bene?
Grazie Andrea!
Scritto il 7-6-2011 alle ore 01:24
Andrea, sei un genio.
Ragionamento degno di un filosofo (l’ho riletto due volte per capirne il significato … non per demerito tuo!).
Grazie per questa lezione!
PS: quel “muratore” ha letto Nietzsche e crede di essere il superuomo che non si farà mai male … meglio che costui torni con i piedi per terra … magari da una altezza non elevata!
Scritto il 7-6-2011 alle ore 16:46
Complimenti per “l’esposizione” della varie banalità.
Sottoporrò l’articolo ai miei collaboratori nell’AREA STAFF del sito aziendale.
Saluti
Scritto il 8-6-2011 alle ore 07:47
Bellissimo contributo di tipo “linneiano”.
Vedo che vincoli buona parte del ragionamento all’aspetto “decisionale” e quindi conscio. Penso tuttavia che buona parte dei nostri comportamenti derivano invece da aspetti inconsci o, comunque, preconsci.
Nelle piccole banalità del vivere quotidiano crediamo di decidere, ma non è così.
Illuminante in questo senso è “Mind Time” di B. Libet.
http://en.wikipedia.org/wiki/Benjamin_Libet
Ciao
Marzio
Scritto il 8-6-2011 alle ore 10:09
@ Pasquale
Stai parlando di quel “Peppe ‘o vibrione”? Quello da cui mi avete portato sul porto a Castellammare di Stabia? Quello che aveva la maglietta con su scritto “Epatite-A garantite-A”?
@ Ugo
Purtroppo questa è la nota dolente, il divario tra la teoria e la pratica, il baratro esistente tra la valutazione di “tutti” i rischi richiesta dalla norma e la capacità reale di individuare “tutti” i rischi.
Brutalmente, la risposta è “sì”: sei reposnabile di aver tralasciato il rischio che ha determinato l’infortunio o di averlo persino individuato, ma non aver colto la possibile dinamica che avrebbe poi generato l’infortunio, definendo le conseguenti misure di prevenzione e protezione.
Però non è detto che tralascerai qualcosa di “essenziale”, può benissimo darsi che la tua esperienza non ti consenta di rilevare particolari eventi, magari estremi e pertanto rari che, potrebbe benissimo darsi, non si verificheranno mai.
@ Roberto e Renato
Grazie mille per la considerazione
@ Marzio
Interessante, sei un linkoteca vivente.
Dimmi una cosa: da quello che ho letto, ho l’impressione che (semplificando, ma non stravolgendo) tuttavia l’inconscio agisca sui comportamenti che Rasmussen classificò come “Skill based”. Questo è almeno quello che ho intuisco, soprattutto se tengo conto del brevissimo lasso di tempo che intercorre tra pensiero e azione, uno degli elementi che caratterizzano i comportamenti skill based.
Tuttavia,la mia analisi si concentra sui comportamenti “rule based” o perfino “knowledge based”….
Scritto il 8-6-2011 alle ore 10:33
assulamente si…non te l’abbiamo mai detto ma il giorno dopo li arrestarono tutti…
i filari crescevano beatamente nel porto alimentati da toner di stampanti laser e cubilot d.o.c. crotonese.
p.s. ovviamente scherzo… forza castellammare
Scritto il 8-6-2011 alle ore 17:52
Marzio punta molto sul skill-based, mentre Andrea sul rule-knowledge based
Scritto il 10-6-2011 alle ore 15:11
mi scappa una cosa….se nella valutazione dei rischi ho tralasciato qualcosa vuol dire che che non conosco o parzialmete conosco quello che sono andato a valutare,se è stato individuato e non riesco a prevenirlo il risultato è lo stesso di prima….non conosco cosa sto valutando,perchè hai sicuramente ragione quando dici che la nota dolente è il divario tra teoria e pratica,ma spesso accade perchè chi si occupa di teoria di esperienza pratica ne ha poca…..buona giornata a tutti
Scritto il 10-6-2011 alle ore 15:23
dato che si viene giudicati dopo l’evento
il concetto di prevedibilità diventa abbastanza labile
e “con il senno di poi” son buoni tutti lo sappiamo
e se è preveDibile è anche preveNibile
poi i cigni neri ci fanno pensare…
grazie
Scritto il 10-6-2011 alle ore 16:32
“Non possiamo conoscere tutti i fattori, e sicuramente nella maggior parte dei casi è più facile “ricostruire” a posteriori un evento che disporre di un impossibile armamentario teorico per dedurlo a priori (“faccio prima ad osservarlo). Ma questo non vuol dire che siano impossibili ragionevoli valutazioni di rischi, azioni e precauzioni.”
Scritto il 12-6-2011 alle ore 12:31
Ciao Roberto,
sicuramente la difficoltà di riconoscere la differenza tra teoria e pratica riveste un peso rilevantissimo nel determinare errori di valutazione o la definizione delle misure di prevenzione e protezione.
Non meno rilevante è tuttavia la “truffa della percezione” che si verifica quando un soggetto dotato di grandi capacità e conoscenze si convince di aver valutato tutto il valutabile e definito tutte le misure di prevenzione e protezione definibili.
Simili comportamenti non lasciano spazio alla possibilità di errore ed il rischio che si corre è quello di dare la stura al cosiddetto “effetto titanic”, riassumibile nella seguente massima: pensare che un disastro è impossibile rende possibili disastri impensabili.
Con riferimento al tuo dubbio, un valutatore è molto probabile (e lo spero per lui) che abbia solo un’esperienza indiretta in termini di infortuni o disastri sul lavoro.
L’errore che può compiere non è solo quello di tralasciare aspetti importanti per un mero errore “strumentale”… Questo sarebbe normale, ma anche correggibile.
Molto peggio è non avere l’umiltà di ammettere che i risultati finora ottenuti nell’ambito della sua professione che gli hanno consentito di non avere avuto ancora esperienza di infortuni non dipendono solo dalla sua abilità, ma anche da un insieme di circostanze casuali, in proporzioni reciproche non ben definite e variabili.
Irrigidire il sistema ed assegnargli un determinismo che nella realtà esso non possiede(se faccio così non accadrà l’infortunio o non fare così genererà un infortunio) rischia di vanificare tutto ciò che di buono c’è nelle ipotesi che ciascuno di noi fa.
Hai infatti ragione nel dire che sono possibili delle ragionevoli valutazione dei rischi, azioni e precauzioni definite sulla base di un consolidato armamentario teorico.
L’importante è non ritenere che esse siano inespugnabili, ciò anche per garantire a sistema quel grado di resilienza minimo e necessario per reagire ad un errore
Scritto il 13-6-2011 alle ore 12:16
grazie Andrea non posso che essere d’accordo con le tue considerazioni.
buona giornata
Scritto il 17-6-2011 alle ore 12:34
Complimenti è una relazione che si attaglia a ogni campo dove si effettuano analisi dei rischi. ad maiora giulio
Scritto il 21-7-2011 alle ore 15:29
Salve Andrea, ti ricordi di me ti avevo consultato per las mia nomina RLS a cui è il datore di lavoro si opponeva e a mia insaputa aveva fatto una nuova elezione designando un altro RLS facendo firmare i lavoratori con la minaccia di licenziamento..avevi detto che vi dovevo far sapere non mi ricordo piu dove avevo fatto il commeno ma ti faccio sapere che seguendo i tuoi consigli alla fine è valsa la giustizia. grazie di cuore sei il TOP
Scritto il 24-7-2011 alle ore 11:53
Se Andrea facesse riferimento, invece che ai fichi, ai “ficarazzi” (per i nordici si traduce in fichi d’india), ne sarebbe bastato mezzo chilo.
Scritto il 24-7-2011 alle ore 12:14
Queste sono considerazioni che andrebbero fatte digerire a coloro che continuano a proporre la BBS come l’unica soluzione a questi problemi.
Vi racconto una storiella.
Un pomeriggio Newton era seduto a farsi una pennichella sotto un albero di mele. All’improvviso, una mela gli cadde in testa; Isaac la prese in mano e cominciò fare dei ragionamenti, delle riflessioni sul fenomeno che aveva vissuto in prima persona. Tutto ciò lo portò a determinare la nota legge F = ma.
Fatto questo cominciò ad applicarla in altre situazioni contribuendo così allo sviluppo della moderna fisica (e non solo).
Allora, pensandoci sopra, la “mela in testa” fu 1) un’esperienza concreta; il cercare di capire perchè gli era caduta in testa furono le 2) Osservazioni e riflessioni; la determinazione della legge di gravità fu 3) una concettualizzazione astratta; l’applicazione di tale legge fu 4) la sperimentazione attiva.
Insomma, il buon Isaac ebbe un vero e proprio processo di apprendimento.
Quando, invece, parliamo di sicurezza sul lavoro e relative norme, regole e procedure, nella quasi totalità dei casi non viviamo nè un’esperienza concreta nè riusciamo a fare delle osservazioni.
Quindi, il processo di apprendimento individuale o di gruppo non è più tale perchè manca dei sopracitati punti 1) e 2).
Quindi, se non riuscissimo a rappresentare in modo quanto più possibile vicino alla realtà il punto 1) – naturalmente senza mandare in infortunio qualcuno – e a far fare quanto al punto 2), la vedo molto dura a provare a cambiare le cose.
Scritto il 2-8-2011 alle ore 23:49
salve Andrea,volevo porti l’ennesimo quesito,ti avevo detto che avevo avuto la nomina di RLS e dovrei fare il corso dal 24-24 settembre volevo sapere se potevo inoltrare qualche richiesta ad esempioho gia preparata la richiesta di disponibilità dei mezzi necessari per l’esercizio dell’attivita di rls- art.50 comma 2 Dlgs81/08,e se posso fare anche altre richieste,tipo avere nuovi DPI o altro..grazie Andrea le tue risposte sono e sono state utilissime
Scritto il 3-8-2011 alle ore 18:12
Se i DPI o qualunque attrezatura fossero necessari per lo svolgimneto della tua attività di RLS (per esempio per effettuare i sopralluoghi), certo che sì
Scritto il 11-4-2012 alle ore 14:05
Questi sono i ragionamenti che mi piacerebbe sentire sempre, anche al corso di oggi a S Donat